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venerdì 30 agosto 2013

Famiglia Morganti - Principali famiglie villesi - notizie storico/genealogiche



MORGANTI


I Morganti compaiono a Villa con un Giovanni di Domenico da Lugliano nel secondo quarto del secolo XVII. Ma siccome questo cognome è molto diffuso in Lombardia e Canton Ticino, mentre è rarissimo in Toscana, crediamo che la provenienza originaria della famiglia sia dal nord  d’Italia, tanto più che l’occupazione, alla quale la troviamo dedicata, ci ricorda quella corrente immigratoria di artigiani, diciamo così, metallurgici, proveniente dalle province lombarde, e di cui si trovano nello stato civile villese vari rappresentanti, a cominciare da quel Paribello da Brescia, che alla metà del ‘500 era a Villa “fabbrichiere del rame e del ferro”.
Imparentatisi con la famiglia del “fabbrichiere” Lazzaro Mirri, i Morganti divennero più tardi proprietari della fabbrica, che diede loro ricchezze e rinomanza, tanto che un Pietro, nel primo quarto dell’Ottocento, fu chiamato a dirigere a Candeglia, presso Pistoia, l’opificio del rame, allora proprietà del Granduca di Toscana e divenuto più tardi proprietà del figlio di Pietro, Antonio.
Con l’acquisizione di questo opificio, la famiglia Morganti dimorò prevalentemente nella nuova sede, creando altra ramerìa nella vicina Valdibure e mantenendo peraltro la proprietà e la gestione della fabbrica di Villa, ora cessata come tutte le altre.
Un componente di questa famiglia, Pietro, padre del suddetto Antonio, diede origine ad una gentile leggenda tuttora viva fra la popolazione villese.
Durante la recrudescenza della pirateria saracena, nel periodo napoleonico, questo Pietro fu catturato dai pirati durante un’incursione su Livorno, dove egli si recava per il commercio del rame, e trasportato  schiavo nel nord Africa.  Devotissimo della “Madonna delle Grazie”, la cui immagine è venerata nel santuario di Duomo, sopra Villa Basilica, la pregava ardentemente di concedergli di poter tornare alla sua casa. E la grazia gli venne in modo insperato. Essendogli stato chiesto se sapesse fare qualche mestiere ed avendo egli manifestato la sua abilità nella lavorazione del rame, gli fu promesso dal sultano che, se avesse insegnato quest’arte alla gente del luogo, sarebbe stato ricondotto libero in Toscana.
Il che avvenne puntualmente, e l’ex-schiavo offrì come ex-voto alla Madonna di Duomo le grosse catene, che aveva portato ai piedi e che tuttora si vedono appese ad una parete della chiesetta di Duomo.

1 commento:

piera morganti ha detto...

molto interessanti queste notizie! Grazie, Antonio,quello che stai facendo è molto prezioso! da qui forse riesco a sapere qualcosa di più sui miei antenati!