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martedì 3 giugno 2014

Premessa alle notizie storico genealogiche delle famiglie villesi






Per completare il lavoro che mi ero prefisso - quello di diffusione delle notizie storico/genealogiche delle famiglie villesi raccolte dal Dott. Enzo Potenti alla fine degli anni '60 del novecento - riporto alcune notizie che possono essere considerate le avvertenze e le motivazioni, e raccolte in quella che lo stesso Potenti definisce "premessa".
Come già fatto con i testi che riguardano le singole famiglie, il mio è stato un semplice ma faticoso lavoro di copiatura; lo scopo è comunque mettere a disposizione di chi vuole consultare le notizie sulle famiglie villesi attraverso una ricerca per cognome sul mio Blog; spero sia di utilità per tutti coloro che non possiedono il volume.
Sono a disposizione per chi volesse approfondire la ricerca genealogica sulla propria famiglia.  





"L’esame delle genealogie delle famiglie villesi mi [1]ha richiesto un lavoro, sia pure saltuario, di vari anni. L’ho compiuto sui registri dei battesimi risalenti a poco dopo la metà del Cinquecento, compilati evidentemente in relazione alle disposizioni del Concilio di Trento, che vi diede l’avvio. Sono, insieme a quelli pure parrocchiali, dei matrimoni e dei decessi, le uniche fonti antiche sullo stato civile reperibili negli archivi villesi. Anzi la stessa Comunità, della quale non risultano esistere registri di nascite, rilevava le sue statistiche dai registri dei battesimi della Parrocchia, come dimostrano le periodiche annotazioni sugli stessi, specie su quelli più antichi. Al 27/1/1575 si trova annotato per es.: “Posti al libro del battesimo del Comune da me Cataldo (Cataldi) cancelliere” ed al 12/4/1570 si trova quest’altra nota: “ … si è verificato le anime di Villa (parrocchia) essere 1990”.
Commovente è la prima annotazione, fatta proprio in apertura della prima bacchetta (come si chiamavano questi registri), in data 1562, e riguardante un Ammannato di Antonio, evidentemente uno della famiglia del Cardinale villese (Antonio si chiamava anche il padre di questo), della quale però non si hanno più tracce nei registri successivi.
Le fatiche maggiori mi sono venute dai registri più antichi, nei quali i battezzati erano indicati col solo nome di battesimo e con quello del padre, qualche volta con l’aggiunta di quello del nonno. Questo sistema dura fin verso la metà del ‘600 e mi ha causato grandi difficoltà nell’individuare le precise discendenze, del resto non sempre identificabili.
Come curiosità,  dirò che, contrariamente all’opinione comune, le popolazioni, nei secoli passati, non erano affatto statiche, e frequenti erano i matrimoni di villesi con donne dei paesi vicini, e non solo vicini ma anche di notevole lontananza, come la Corsica e la Campagna Romana, verso le quali zone è esistita per secoli una corrente di emigrazione stagionale per il taglio dei boschi, la cottura del carbone e la potatura degli olivi.  Meno frequenti erano i matrimoni di donne villesi con uomini di fuorivia, in generale immigrati per lavoro.  Erano naturalmente le cartiere  e le altre lavorazioni del ferro e del rame ad attirare da fuori intere famiglie, che poi si stabilivano in loco, divenendo villesi a tutti gli effetti, e che magari, divenute facoltose e influenti, si trasferivano in seguito alla “Città”, ossia a Lucca, ed anche a Firenze, come i Franchi. La più grande affluenza di questi forestieri si ebbe naturalmente dopo la disastrosa peste del 1631-32, che lasciò il comune quasi spopolato, nella sola parrocchia di Villa essendo morta di peste circa la metà della popolazione, compreso il pievano villese Pardo Coli. Da notare che, mentre nella popolazione dedita all’industria si è sempre manifestato un notevole ricambio, le famiglie originarie villesi rifuggivano dall’abbandonare l’antica occupazione agricola, caratterizzata da una maggiore stabilità..
Le famiglie antiche erano in genere molto prolifiche, la media essendo un numero di nascite intorno alla diecina, con punte di quindici e anche di venti. Praticamente, nell’arco di circa venti anni di prolificità della donna nella famiglia, si aveva un figlio ogni due anni, cioè nell’intervallo corrispondente ad una gravidanza ed un allattamento, periodo questo notoriamente infecondo. Se le famiglie in realtà non erano altrettanto numerose, ciò era dovuto all’altissima mortalità infantile, per cui non erano rare due nascite nel medesimo spazio di dodici mesi. Ed è commovente la costanza con cui si ripeteva in serie nei successivi figli il nome di quelli precedentemente perduti.
A proposito dei nomi si può qui notare che si “rifacevano” in genere i nonni ed anche i bisnonni, senza preferenza di quelli di parte di padre rispetto a quelli della madre. Un’originalità in precedenza a me sconosciuta era quella di chiamare col nome della moglie defunta la prima figlia nata dal nuovo matrimonio.
Nel periodo fra il 1710 ed il 1882 la media annuale delle nascite varia notevolmente, aggirandosi sulle 30 unità fin verso il 1750 e progredendo costantemente, con qualche regresso intorno all’inizio dell’Ottocento, fino a raggiungere cifre altissime fra il 1865 ed il 1875, per tornare lentamente a discendere verso la fine del periodo considerato. La quota più bassa fu quella di 20 nascite nel 1711 e la più alta quella di 87 nel 1865.
Sarebbe stato interessante fare il calcolo della percentuale annua delle nascite sulla popolazione presente. Non è stato possibile per la mancanza di questi ultimi dati.
La proporzione fra i maschi e le femmine nati nel periodo considerato fu presso a poco uguale, con costante leggera prevalenza dei maschi, al contrario di quanto accade attualmente.
Nello stesso periodo si ebbero 85 parti multipli su 7803 parti in totale, con una proporzione di poco meno dell’11 per mille, e 2 parti trigemellari, con un’incidenza del 2,3 per diecimila.
Naturalmente anche in questa società patriarcale non mancavano, se pur non frequenti, le nascite illegittime, che raramente  erano annotate sui registri col nome della madre. Di solito questi bimbi, pudicamente chiamati  “figli della fortuna” , erano dati come trovati (“trovatelli”) in luoghi appartati, come la fontana della Magia o la testé distrutta cappellina di Pancuri sulla via di Capornano, battezzati e mandati al brefotrofio dell’ospedale di Lucca.
Molti di questi neonati ritornavano nelle campagne affidati dall’ospedale a donne bisognose, che, per compenso, li allattavano insieme o successivamente al proprio figlio od in sostituzione di un figlio perduto, e spesso erano trattenuti nelle famiglie come figli adottivi, e venivano indicati nei registri dello stato civile con l’appellativo “dell’Ospedale”.
Fra il 1774 ed il 1882 i figli illegittimi, non tutti di madri villesi, perché si rifugiavano in paese anche ragazze-madri di altre località (e viceversa), furono circa il 6,5 per mille, con una strana flessione durante il paternalistico regime del Ducato.
A similitudine del capoluogo lucchese, anche a Villa, sotto la repubblica, la popolazione era divisa in cittadini “oriundi” e “non oriundi”. Ai primi soltanto spettava il diritto al governo della comunità. Ciò risulta dalla copia di una petizione fatta al governo lucchese, probabilmente intorno al 1800, da me trovata nell’archivio parrocchiale e che qui riporto per serbarne memoria nel caso che il documento andasse perduto. E’ scritta in buona lingua (dal pievano?) e la calligrafia non corrisponde a quella di nessuno dei firmatari, tutti evidentemente di famiglie non villesi  ab antiquo.

CITTADINI DIRETTORI[2]



“La popolazione di Villa Basilica, che forma circa un migliaio d’anime componenti quasi trecento famiglie, è governata e comandata da soli ottanta uomini, che sono ascritti in Comunità, e questi soli fanno Leggi e Decreti, non ammettendo nel Consiglio alcuno altro come non oriundo  ab antiquo di questo Castello.

Nulla però preme questo al rimanente del Popolo, solo ci spiace che essendosi sempre costumato in questo Paese che chiunque voleva spianar pane per venderlo poteva farlo, pensarono i detti Uomini Comunali di porre il Provento sopra lo Spiano per pagare ed estinguere un debito che allora avevano, con condizione che non dovesse sussistere detto Provento che per soli anni sei, ma sono passati i sei, i venti, i trenta ed il Provento non si è più levato, adducendo i Comunanti la scusa che serve il ricavato per pagare il Maestro di Scuola ed il Predicatore Quaresimale, scusa frivola ed insussistente perché anche quando non v’era il Provento tenevano il Maestro di Scuola e prendevano il Predicatore, ma la vera cagione è il danaro annuale che ne ricavano con danno e pregiudizio della povertà, che deve comprare il Pane sia bianco o nero, cotto o crudo, giusto o scarso nel peso.

Quindi o Cittadini Direttori è che noi tutti esponenti e ricorrenti qui sottoscritti, unitamente ad una più lunga serie di non sottoscritti, imploriamo l’abolizione perpetua del Provento del Pane e la facoltà dello spiano a chiunque, come era nel vecchio sistema, dal che può derivarne quel vantaggio generale e quella felicità che tanto dobbiamo avere a cuore”.



Io Tiburzio Renieri                Adamo Bartolozzi

Io Giuseppe Lurci                          Giuseppe Panigada

Gio Battista Zenoni                        Gio Batta Sabbatini

Gio Iacopo Cenanni                       Iacopo Pasquini

Michele Grassi                       Sebas. Bartol. Simi

Antonio Barsi                                                   


Dall’esame di questa petizione vengono due interrogativi, ai quali sarà interessante dare risposta attraverso dati che possano in futuro venire alla luce dall’archivio comunale o dall’archivio di Stato di Lucca: erano considerati “non oriundi” anche gli abitanti provenienti dalla “Vicinanze” (Capornano, Duomo, Guzzano, Pontoro)?  e la cifra di 1000 abitanti si riferiva solo all’abitato entro le mura castellane o comprendeva anche le vicinanze?

Tornando alla premessa generale, dirò che non ho compreso nella mia ricerca, riservandomi di farlo più tardi, le notizie di molte famiglie villesi più antiche, in gran parte scomparse, come i Maffei, Mariotti, Prosperi, Bacci, Taddei, Franceschi, Magnani, Iacopini, Zenoni, Castelvecchi, Tomei, Soldati, Santi, Draghetti, Guglielmi, Salvini, Damiani, Difunti, Lombardo, Nuoni, Pauli, Pellegrini, Pippi, Santoni, Del Sarto, Stiavacci.
Per la stessa ragione ho lasciato fuori, e ne chiedo scusa agli interessati, le famiglie di più recente immigrazione, come i Barbieri, Bertolucci, Bertolini, Ansaldi, Genovesi, Meschi, Scardiglia ed altre.               

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[1] è lo stesso Dott. Enzo Potenti artefice delle ricerche.
[2] “n.di AGP:  siamo in periodo post-rivoluzione francese e ci si rivolge in tal modo ai “nuovi governanti”

domenica 2 febbraio 2014

Famiglia Ammannati - principali famiglie villesi - notizie storico/genealogiche




AMMANNATI



Questa famiglia, oriunda di Pescia, dove già nel Duegento aveva casa nel “Quinto della Pieve”, si trasferì a Villa all’inizio del secolo XVI e vi rimase per circa 80 anni ininterrottamente.
Poi un ramo ritornò alle sue proprietà di Pescia, mentre un Ser Antonio Ammannati da Villa si portò ad esercitare il notariato a Lucca, ottenendo la cittadinanza lucchese, trasmessa poi, insieme con l’ufficio. al figlio Ser Diodato.
Da un altro figlio di Ser Antonio, Cristoforo, rimasto o ritornato a Villa, nasceva in Pontoro nel 1422 Jacopo, il futuro grande Cardinale Papiense, segretario di papa Pio II, che lo adottò, facendolo partecipe del nome e dello stemma della sua famiglia, quella senese dei Piccolomini.
Della nascita villese del Cardinale Jacopo Ammannati ha dato una documentata dimostrazione nel 1712 un altro illustre villese, Padre Sebastiano Paoli (Disquisizione istorica della patria e compendio della vita di Giacomo Ammannati Piccolomini, Cardinale di Santa Chiesa, detto il Papiense, Vescovo di Lucca e di Pavia, di Sebastiano Pauli, Biblioteca Comunale di Lucca)
Un ramo degli Ammannati rimase presumibilmente a Villa fino alla metà del ‘500, se il primo battesimo segnato nel più antico dei registri dell’archivio della Pieve, superstiti delle distruzioni e degli incendi, è proprio, nel 1562, quello di un Ammannato di Antonio, nomi ricorrenti nella famiglia del Cardinale.
Ed è questa anche l’ultima traccia rimasta a Villa della famiglia  Ammannati.
Per mia parte ho trovato prove inconfutabili della presenza in Villa della famiglia Ammannati all’inizio del ‘400 nei libri delle gabelle villesi esistenti nell’Archivio di Stato di Lucca. Sia nell’intestazione del libro del 1° semestre 1404 come in quella del libro del 2° semestre dello stesso anno, nella descrizione del luogo dove la gabella si trovava, è detto testualmente: “Cuius quidem gabelle officium et exactio fit detinetur et resedit in Villa praedicta in apotheca palatii dicti comunis Ville Basilice … positatio cui ab una parte est terrenum sive casalium Ser Antoni Ammannati et Landucci Menabovis de Villa praedicta ab alia parte est platea dicti comunis Ville et ab aliis duabus sunt vie pubblice”.
Nella quale descrizione è chiaramente ubicato l’antico palazzo del comune in cima di Piazza e la contigua “casa dei notari”, come fu chiamata per lungo tempo anche inseguito, sede appunto dell’allora notaro comunale Ser Antonio Ammannati, nonno del Cardinale.
Per la curiosità dirò che Landuccio Menabuoni era il macellaio villese dell’epoca, ghibellino accanito e sostenitore dell’avvento al potere in Lucca di Paolo Guinigi.
Nel libro delle stesse gabelle al 17 giugno 1408 è annotato un pagamento di una Pina vedova Ammannati di Villa per una “matraghella” portata da Lucca, ed altrove quello per un equino venduto da un altro Ammannati.






Estratto dal volume pubblicato dal Dott. Enzo Potenti in occasione del Convegno di Studio Sulla Storia Di Villa Basilica – 29 Giugno 1967

Famiglia Bani - principali famiglie villesi - notizie storico/genealogiche




BANI



Questo casato, che figura nei registri dei battesimi dal 1563 al 1711, viene scritto talora come Banelli ed anche Urbani.
Ha origine, come al solito, da un Urbano del principio del secolo XVI, abbreviato in Bano.
Della famiglia Bani non conosciamo alcun personaggio od avvenimento da segnalare.





Estratto dal volume pubblicato dal Dott. Enzo Potenti in occasione del Convegno di Studio Sulla Storia Di Villa Basilica – 29 Giugno 1967

Famiglia Barsi - principali famiglie villesi - notizie storico/genealogiche




BARSI


La famiglia Barsi, la principale della “vicinanza” (frazione) di Capornano, è senz’altro la più numerosa e la più genealogicamente complicata del Comune.
Il cognome, dovuto ad un Barso della seconda metà del secolo XV, cambiò grafia più tardi in Barzi, per tornare alla fine del seicento alla forma primitiva.
Seguendo le ramificazioni di questa famiglia si può anzi cogliere il momento di formazione di alcuni cognomi oggi scomparsi, come Fantini e Farfallini, diramatisi dal ceppo principale dei Barsi prendendo evidente avvio da un soprannome.
Dovrebbe ricollegarsi ai Barsi anche un’altra importante famiglia ancor oggi esistente: quella dei Di Piero.
A proposito di questa si ha infatti una curiosa constatazione. Risalendo a ritroso la serie delle generazioni, si arriva ad un Piero, detto Ronca, nato intorno al 1534 da un Tognino milanese stabilitosi a Capornano verso il 1500, la cui discendenza si immette da un lato nella grande famiglia dei Barsi e ne prende il cognome, mentre dall’altra si continua nella famiglia Di Piero, così chiamata da quel Piero di cui sopra.

Per spiegare la presenza a Capornano di questo Tognino lombardo (infatti in Lombardia il nome Antonio ha il diminutivo in Tugnin), si deve pensare che si trattasse di un fabbro-maniscalco.
Era frequente nei passati tempi l’immigrazione in Lucchesia di artigiani lombardi, e, proprio nella famiglia Barsi, si perpetua a tutt’oggi l’arte del fabbro, che era praticata, sembra, anche dal ramo collaterale dei Fantini.

Il frammischiarsi di queste complicate genealogie dei Barsi e dei Di Piero non mi è in realtà del tutto chiaro, e meriterebbe che qualcuno ci dedicasse ulteriori ricerche.



Estratto dal volume pubblicato dal Dott. Enzo Potenti in occasione del Convegno di Studio Sulla Storia Di Villa Basilica – 29 Giugno 1967