Inizio del «Discorso sui pastori» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 46, 1-2; CCL 41, 529-530)
Pastori siamo, ma prima cristiani
Ogni nostra speranza è posta in Cristo. È lui tutta la nostra salvezza e
la vera gloria. È una verità, questa, ovvia e familiare a voi che vi
trovate nel gregge di colui che porge ascolto alla voce di Israele e lo
pasce. Ma poiché vi sono dei pastori che bramano sentirsi chiamare
pastori, ma non vogliono compiere i doveri dei pastori, esaminiamo che
cosa venga detto loro dal profeta. Voi ascoltatelo con attenzione, noi
lo sentiremo con timore.
«Mi fu rivolta questa parola del Signore: Figlio dell’uomo, profetizza
contro i pastori d’Israele predici e riferisci ai pastori d’Israele» (Ez
34, 1-2). Abbiamo ascoltato or ora la lettura di questo brano, quindi
abbiamo deciso di discorrerne un poco con voi. Dio stesso ci aiuterà a
dire cose vere, anche se non diciamo cose nostre. Se dicessimo infatti
cose nostre, saremmo pastori che pascono se stessi, non il gregge; se
invece diciamo cose che vengono da lui, egli stesso vi pascerà,
servendosi di chiunque.
«Dice il Signore Dio: Guai ai pastori di Israele che pascono se stessi!
I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge?» (Ez 34, 2), cioè i
pastori non devono pascere se stessi, ma il gregge. Questo è il primo
capo di accusa contro tali pastori: essi pascono se stessi e non il
gregge. Chi sono coloro che pascono se stessi? Quelli di cui l’Apostolo
dice: «Tutti infatti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù
Cristo» (Fil 2, 21).
Ora noi che il Signore, per bontà sua e non per nostro merito, ha posto
in questo ufficio - di cui dobbiamo rendere conto, e che conto! -
dobbiamo distinguere molto bene due cose: la prima cioè che siamo
cristiani, la seconda che siamo posti a capo. Il fatto di essere
cristiani riguarda noi stessi; l’essere posti a capo invece riguarda
voi.
Per il fatto di essere cristiani dobbiamo badare alla nostra utilità,
in quanto siamo messi a capo dobbiamo preoccuparci della vostra
salvezza.
Forse molti semplici cristiani giungono a Dio percorrendo una via più
facile della nostra e camminando tanto più speditamente, quanto minore è
il peso di responsabilità che portano sulle spalle. Noi invece dovremo
rendere conto a Dio prima di tutto della nostra vita, come cristiani, ma
poi dovremo rispondere in modo particolare dell’esercizio del nostro
ministero, come pastori.