Dalle «Omelie su Ezechiele» di san Gregorio Magno, papa
(Lib. 1, 11, 4-6; CCL 142, 170-172)
Per amore di Cristo non risparmio me stesso nel parlare di lui
«Figlio dell’uomo, ti ho posto per sentinella alla casa d’Israele» (Ez
3, 16). È da notare che quando il Signore manda uno a predicare, lo
chiama col nome di sentinella. La sentinella infatti sta sempre su un
luogo elevato, per poter scorgere da lontano qualunque cosa stia per
accadere. Chiunque è posto come sentinella del popolo deve stare in alto
con la sua vita, per poter giovare con la sua preveggenza.
Come mi suonano dure queste parole che dico! Così parlando, ferisco me
stesso, poiché né la mia lingua esercita come si conviene la
predicazione, né la mia vita segue la lingua, anche quando questa fa
quello che può.
Ora io non nego di essere colpevole, e vedo la mia lentezza e
negligenza. Forse lo stesso riconoscimento della mia colpa mi otterrà
perdono presso il giudice pietoso.
Certo, quando mi trovavo in monastero ero in grado di trattenere la
lingua dalle parole inutili, e di tenere occupata la mente in uno stato
quasi continuo di profonda orazione. Ma da quando ho sottoposto le
spalle al peso dell’ufficio pastorale, l’animo non può più raccogliersi
con assiduità in se stesso, perché è diviso tra molte faccende.
Sono costretto a trattare ora le questioni delle chiese, ora dei
monasteri, spesso a esaminare la vita e le azioni dei singoli; ora ad
interessarmi di faccende private dei cittadini; ora a gemere sotto le
spade irrompenti dei barbari e a temere i lupi che insidiano il gregge
affidatomi.
Ora debbo darmi pensiero di cose materiali, perché non manchino
opportuni aiuti a tutti coloro che la regola della disciplina tiene
vincolati. A volte debbo sopportare con animo imperturbato certi
predoni, altre volte affrontarli, cercando tuttavia di conservare la
carità.
Quando dunque la mente divisa e dilaniata si porta a considerare una
mole così grande e così vasta di questioni, come potrebbe rientrare in
se stessa, per dedicarsi tutta alla predicazione e non allontanarsi dal
ministero della parola?
Siccome poi per necessità di ufficio debbo trattare con uomini del
mondo, talvolta non bado a tenere a freno la lingua. Se infatti mi tengo
nel costante rigore della vigilanza su me stesso, so che i più deboli
mi sfuggono e non riuscirò mai a portarli dove io desidero. Per questo
succede che molte volte sto ad ascoltare pazientemente le loro parole
inutili. E poiché anch’io sono debole, trascinato un poco in discorsi
vani, finisco per parlare volentieri di ciò che avevo cominciato ad
ascoltare contro voglia, e di starmene piacevolmente a giacere dove mi
rincresceva di cadere.
Che razza di sentinella sono dunque io, che invece di stare sulla
montagna a lavorare, giaccio ancora nella valle della debolezza?
Però il creatore e redentore del genere umano ha la capacità di donare a
me indegno l’elevatezza della vita e l’efficienza della lingua, perché,
per suo amore, non risparmio me stesso nel parlare di lui.
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